Prefabbricazione e Design

Il rapporto tra questi due elementi solo apparentemente in contrasto si traduce nel conflitto tra linguaggio architettonico e componenti di produzione industriale. Per natura, architettura e prodotti industriali sono agli antipodi: strettamente legata al luogo e al tempo in cui si trova la prima, totalmente indifferenti ad essi i secondi. Di conseguenza, anche i rispettivi processi generativi risultano radicalmente differenti: se le opere architettoniche possono essere considerate ognuna un singolo prototipo, il prodotto industriale è invece generato da una attività di revisione e successione di prototipazione continua.
Differente è anche il loro rapporto con la dimensione temporale: un’architettura è fatta per durare nel lungo o lunghissimo periodo, mentre un prodotto industriale, al confronto, esige un ciclo di vita decisamente più breve. Ancora, differente è il livello di qualità: un prodotto è il risultato una accurata scelta di materie prime e di filiera mentre per un edificio il concetto di qualità è estremamente più complesso e articolato; entrano in gioco infatti, diverse forme di qualità: qualità del programma, qualità di concezione, di sviluppo tecnico e di esecuzione.

Le opere architettoniche, inoltre, vivono delle relazioni con il contesto, con la comunità che lo abita e dei valori che essa attribuisce al manufatto, dall’altra parte i prodotti industriali vivono invece di “logiche interne a loro stessi”. Tali differenze le ritroviamo anche nei materiali che li compongono. Si può infatti definire “materiale da costruzione” l’elemento costruttivo che nel tempo si è evoluto da sciolto ad elemento assemblabile fino a costituire componenti integrati e multifunzionali; il “materiale dell’architettura” è invece la modalità con cui i materiali da costruzione stessi articolano e compongono lo spazio definendone tipologia , percorsi ecc. Il progetto si nutre quindi del dialogo continuo tra materiali della costruzione e materiali dell’architettura ed è ovvio che la storia dell‘architettura è indissolubilmente legata alla storia dei processi costruttivi.

Nella realtà italiana l’interazione architettura/tecnologia/innovazione vede grandi ostacoli a causa di procedure e norme improprie, della lentezza dei processi attuativi, del disinteresse per la qualità del costruito, appiattendo ogni guizzo possibile di innovazione e sperimentazione. E’ solo grazie ad una eccezionale ed esigente domanda sociale che si generano certe dinamiche che rischiano però di generare degli episodi isolati, degli “unicum” autoreferenziali. Tale meccanismo, in particolare nel caso della prefabbricazione, dovrebbe partire dalle opere pubbliche come indicatori di qualità capaci di influenzare la comunità intera.

C’è bisogno di maggiore integrazione tra la fase di progetto e quella della scelte costruttive, sui sistemi di prefabbricazione e sui materiali, che devono entrar a far parte in misura maggiore fra gli input di progetto. Anche le modalità di affidamento di incarico possono influenzare i sistemi costruttivi e di conseguenza l’immagine finale dell’opera. Ad esempio, uno stessa prestazione può essere conseguita sia utilizzando un sistema prefabbricato che un sistema tradizionale ma logiche estranee al processo costruttivo come concorrenza e convenienza tra i possibili operatori possono portare a risultati formali estremamente diversi; materiali e modalità costruttive incidono quindi sull’immagine dell’architettura.

L’attuale sistema normativo punta a “progetti perfetti” mettendo però sullo stesso piano il progetto edilizio e il prodotto industriale, ignorando le attuali attività di sviluppo che si attuano nei centri di ricerca e nei laboratori delle aziende e il conseguente peso dei nuovi prodotti industriali nella progettazione, evitando la fondamentale interazione fra gli attori del progetto (committente-progettista-produttore-realizzatore) rendendoli quasi conflittuali fra loro. Anche il rapporto fra progettista e le modalità di formazione del progetto può influire in maniera significativa sul linguaggio dell’architettura.

Il concetto di “leadership progettuale” va modificato con quello di “partnership” cioè di interazione fra le varie parti già nella fase di concept, sviluppando così a mano a mano una catena di confronti che non costituiscono vincolo ma anzi stimolano creatività e innovazione. Ciò è consentito anche dalla rapida evoluzione dei prodotti industriali che vede necessario un continuo confronto tra industria e operatori del progetto.

Oggi, inoltre, si perde anche il concetto di produzione di serie come sistema chiuso a favore di una possibile personalizzazione dei prodotti che rende il panorama del progettista quasi senza limiti. Le qualità sostanziali del progetto si ricercano quindi attraverso concorsi, paziente ricerca nei laboratori di progettazione, interazione fra diversità di punti di vista, dialoghi, partecipazione; l’innovazione tecnologica dei prodotti industriali si sviluppa invece nei centri di ricerca dei produttori di componenti. Nelle normali procedure delle opere pubbliche però, le regole di concorrenza non consentono al progetto di prevedere componenti innovativi, sia per la frattura fra figure che dovrebbero collaborare, sia perché – nei suoi caratteri innovativi – quanto prodotto dall’industria è protetto da brevetto, individua inequivocabilmente il soggetto attuatore. Segnali di superamento sono in procedure rare, quali appalti integrati, dialoghi competitivi,  project financing, concorsi-appalto. Rispetto ai concorsi di progettazione la famiglia di procedure che unisce progettista e impresa salda la frattura progetto/produzione, riconosce le capacità imprenditoriali, favorisce sperimentazioni ed innovazioni di componenti, prodotti e processi. Molti i nodi da risolvere, ma indubbi i vantaggi per la collettività nel suo insieme. Integrare è l’essenza stessa dell’idea contemporanea di progetto. Contenere differenze, risolvere contraddizioni, scegliere fra sollecitazioni contrapposte.
L’architettura non è forma, non è struttura, non è funzione, ma tutte queste cose insieme. Costruendo si materializzano forme nello spazio, ma la forma è come l’iceberg la cui parte visibile è il segnale di un’entità molto più grande, nascosta, non visibile, ma che ne è l’essenza. Prima che forma in sé, l’architettura è relazione fra forme. Questo distingue l’architettura dalle altre forme espressive. Analogamente a scala ridotta, ogni componente di produzione industriale va colto come parte del sistema edilizio: quanto più ne corrode eventuali autonomieo le esalta, tanto più il progetto lo ingloba nel proprio disegno. Assumere come punto di fuga l’integrazione sembra risolutivo di molte preoccupazioni attuali: sostenibilità, riduzione degli sprechi, partecipazione, coesistenza di diversità.

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Alessia Nociaro – Laureata presso la facoltà di Architettura ed Ingegneria Edile di Ascoli Piceno – Università di Camerino. Dopo una intensa esperienza all’estero (Rotterdam) con il progetto “Leonardo” sono ora concentrata sull’attività di progettazione e ricerca in architettura e design.